Giacomo Raspadori, protagonista con l’Italia di Mancini, ha rilasciato un’intervista a Sportweek, dove si è raccontato a tutto tondo. Sul suo futuro si è espresso così: “Non so quale sarà il mio futuro, ma di sicuro mi sento pronto, anche davanti a un eventuale cambiamento. Quest’anno per la prima volta mi sono sentito davvero un giocatore di Serie A, la continuità mi ha donato consapevolezza“.
Il suo tecnico Dionisi lo ha definito l’anima della squadra, uno che aiuta sempre il compagno: “È uno dei complimenti più belli perché aiutare i compagni è qualcosa che ho sempre cercato di fare, fin da piccolo. A modo mio, da leader silenzioso. Mi piace essere d’appoggio, da esempio: con i fatti e non con le parole“.
Un pensiero al veterano neroverde Magnanelli: “Quando mi sono affacciato nel calcio dei grandi, proprio al Sassuolo, ho preso Magnanelli, lo storico capitano, come punto di riferimento. Sia lui che Peluso hanno la mia stessa energia nel lavoro e mi hanno confidato di aver continuato ad alimentarla in tutti questi anni anche grazie al fatto che vedessero quella “luce” pure dentro di me“. Il giocatore azzurro ha poi proseguito: “Se c’è la volontà si può imparare tutto. Poi ho avuto la fortuna di avere ottimi esempi in famiglia, quindi direi di essermi sempre comportato da persona generosa“.
L’importanza del lavoro e della lucidità: “Tre panchine di fila possono anche non dipendere da te, dal tuo rendimento. A me è successo quando per una-due settimane che tipo di non essere abbastanza lucido e reattivo negli allenamenti. Da questa situazione ne sono uscito con il lavoro, senza cullarmi al pensiero che stavo facendo le cose di sempre e quindi prima o poi sarebbe passata, ma ho cercato di capire i motivi per cui non ero più me stesso“. Sul suo ruolo ideale ha detto: “Mister Dionisi mi ha cucito addosso una posizione che mi permette di “legare” il gioco, di fare quel passo indietro rispetto a un centravanti strutturato come Scamacca o Defrel e inserirmi negli spazi“.
Uno sguardo al passato: “La partita dei due gol a San Siro contro il Milan, di un anno fa, la ricordo perfettamente, anche perché entrai nel secondo tempo e di minuti da ricordare non ce ne sono molti… Poi l’esordio, il 26 maggio di tre anni fa contro l’Atalanta. Voglio ancora ringraziare De Zerbi, che ha sempre dimostrato stima e affetto nei miei confronti, quando sarebbe stato più facile invitarmi a lasciare il Sassuolo per fare esperienza da altre parti“. L’ attaccante più forte mai visto dal vivo e il difensore che ha sofferto di più: “L’attaccante più forte che ho visto è Mertens. Mi colpisce la sua facilità di tiro, il sapersi procurare occasioni da gol e la disponibilità nell’aiutare la squadra. Dico lui anche perché gli somiglio per caratteristiche. Invece, il difensore che ho sofferto di più è Koulibaly, è il più completo dal punto di vista tecnico e fisico“.
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